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La cantatrice calva

La cantatrice calva   La cantatrice calva

presentato nel 2003 a Palermo al Ditirammu di Eugène Ionesco
regia di Maria Teresa de Sanctis
 
con
Maria Teresa de Sanctis
Giuseppe Grasso
Giorgio Macaluso
Rosi Oliva
Francesca Todaro

danzatrice e coreografa
Donatella de Sanctis

scene e costumi
Maria Teresa de Sanctis

musiche
John Abercrombie, Minimal Compact, Mozart

Il tempo e le anime vuote di Ionesco sono qui rappresentate con elementi di ulteriore parossismo esaltante il dramma del perchè dell’ esistenza vissuto dai personaggi dell’opera. La comicità spietata dell’autore, qui fedelmente riproposta, rende ancora più crudele il ritratto di un’umanità ormai svuotata di ogni reale desiderio e bisogno e incapace di usare le parole per quello che realmente significano. Il tempo, elemento al quale già l’autore con la sua pendola conferisce una particolare rilevanza, viene ancora enfatizzato quale padrone assoluto delle esistenze.
La scena si presenta invasa da giornali quotidiani sparsi per terra ovunque ed è in questo caos, che vuol richiamare il caos  delle coscienze, che i personaggi come anime perse e vuote, quali realmente sono, annaspano nel loro quotidiano fronteggiare il non senso dell’esistenza. Eccetto il pompiere, sono tutti in scena sin dall’inizio in un prologo che dà spazio a quell’esistenza altra che ognuno di loro avrebbe da vivere ma che per sempre avrà negata. Sarà la danza della ballerina, nella quale la pendola viene personificata, a rendere sulla scena l’essenza dell’assolutezza e del dominio del tempo su ogni cosa.
È sempre il caos il protagonista dello spettacolo, caos che si manifesta ora nell’incomunicabilità e nell’ipocrisia dei coniugi Smith (fra i due è sotteso un reciproco cercarsi eroticamente di scarso successo), ora nell’incongruenza esistenziale dei coniugi Martin i quali danno concretezza al ruolo di aguzzina della cameriera (la quale più che governare la casa arriva a comandare persino con sadismo le due coppie di coniugi).
Ed è poi nella straordinaria apoteosi del nonsense alla fine dello spettacolo che il caos trova la sua più efficace espressione scenica. Le opportune scelte musicali infine creano quelle suggestioni ed evocazioni volute, secondo il disegno di una regia che, fedele al testo di Ionesco, esalta la forza di una parola che risulta sempre vera, come è proprio dei grandi classici.  

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