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La Borsa

Recensione di Alba Di Betta pubblicata su “Mezzocielo” di gennaio – febbraio 2003
a “La borsa” testo e regia di Maria Teresa de sanctis

All’Agricantus il 9 e 10 novembre 2002 a Palermo per l’Assoteatri
Con Maria Teresa de Sanctis e la danzatrice e coreografa Donatella de Sanctis
Produzione “Gruppo teatro Totem” di Palermo

Si apre il sipario, il colore scuro della scena richiama alla mente il grigio, monotono, scorre-re delle giornate e già la maggior parte degli spettatori si trova a contare quei cartocci sparsi per il palco esattamente come la protagonista dell’opera avrebbe fatto di lì a poco. Viene voglia di cercare uno spiraglio, una luce, e, seppur minima, la scena vien subito all’occhio: in mezzo alla scena, una donna dall’aspetto trasandato porta con sé una borsa piena d’og-getti …
La protagonista conta, ma più che contare, canta le sue paure, la sua “pena”.
Pena, infatti, manifesta la propria sofferenza attraverso un parlare che si riduce ad un solo significante, il numero: conta, conta e riconta come se nessuno potesse ascoltarla e rintrac-ciare nel suo dichiarare una verità.
Il tempo scorre con un ritmo inquietante, le parole e i pensieri invadono un unico spazio, mentre lei esprime tutta se stessa nei teatri del proprio corpo.
Frammenti di storia frantumata da uno specchio che non rivela più nessun’immagine, e fuori di esso un mondo di cose, di persone, un cielo di speranza che sembra non dare mai risposte. Ricordi, segreti, smarriti e vissuti tra le righe del quaderno di scuola oramai usurato ma non abbastanza, tanto da potergli chiedere ancora qualcosa. I silenzi svaniscono come bolle di sapone, grazie alle musiche e alle coreografie, perfettamente interpretate e incastonate nel mosaico artistico      
Nella sua semplicità l’opera, resa mirabile dall’artista, è ricca di contenuti e lascia gli spetta-tori con non poca inquietudine dentro. In effetti, tutto quello che passa per la scena li pene-tra dalla mente fino all’anima, facendo ripercorrere le tappe di una vita vissuta, dall’infanzia in poi.
La condizione umana viene espressa in maniera allegorica ed esauriente: la borsa da cui “pena” estrae le sue misere cose; è l’equivalente del fardello che ogni uomo porta con sé e che pochi hanno il coraggio di guardarvici dentro.
Ansia ed angoscia si susseguono con toni alquanto tragici, nella spasmodica ricerca di un’identità da ritrovare negli altri (“persone”) nei quali la “pena” cerca se stessa. La speran-za è nel futuro, la speranza è la morte.
Alba Di Betta

« Alla favola classica , quella dello stagno, si avvicina “La borsa” di M.Teresa de Sanctis, che ha l’ossessione del numero e si svolge in un’astrazione di parola e di musica arabo-mediterranea magnificamente interpretata da Donatella de Sanctis. »
Carlo Rosati – Il Tempo 

« …La protagonista conta, ma più che contare, canta le sue paure, la sua “pena”. Pena, infatti, manifesta la propria sofferenza attraverso un parlare che si riduce ad un solo significante, il numero: conta, conta e riconta come se nessuno potesse ascoltarla e rintracciare nel suo dichiarare una verità. Il tempo scorre con un ritmo inquietante, le parole e i pensieri invadono un unico spazio, mentre lei esprime tutta se stessa nei teatri del proprio corpo. Frammenti di storia frantumata da uno specchio che non rivela più nessun’immagine, e fuori di esso un mondo di cose, di persone, un cielo di speranza che sembra non dare mai risposte. Ricordi, segreti, smarriti e vissuti tra le righe del quaderno di scuola oramai usurato ma non abbastanza, tanto da potergli chiedere ancora qualcosa. I silenzi svaniscono come bolle di sapone, grazie alle musiche e alle coreografie, perfettamente interpretate e incastonate nel mosaico artistico. Nella sua semplicità l’opera, resa mirabile dall’artista, è ricca di contenuti e lascia gli spettatori con non poca inquietudine dentro. In effetti, tutto quello che passa per la scena li penetra dalla mente fino all’anima, facendo ripercorrere le tappe di una vita vissuta, dall’infanzia in poi. La condizione umana viene espressa in maniera allegorica ed esauriente: la borsa da cui “pena” estrae le sue misere cose; è l’equivalente del fardello che ogni uomo porta con sé e che pochi hanno il coraggio di guardarvici dentro. »
Alba Di Betta – Mezzocielo





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